ADHD: la transizione dall’infanzia all’età adulta

Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività-Impulsività (ADHD) è ancora associato esclusivamente all’infanzia.

Di seguito è riportata una sintesi dell’intervista condotta al Prof. Maurizio Bonati e alla dott.ssa Francesca Scarpellini riguardo l’argomento.

Quando si parla di ADHD si pensa a bambini iperattivi, rumorosi, disturbanti in classe, fastidiosi.

Molta attenzione è posta all’età evolutiva, mentre una totale assenza di conoscenza è posta nel mondo degli adulti.

Eppure si stima che circa tra il 50% e il 70% degli adolescenti affetti da questo disturbo continui a riscontrare sintomi anche da adulti, portando a una prevalenza nella popolazione generale che viene stimata intorno al 4%.

Coloro che soffrono di ADHD, e in particolare gli universitari o i giovani lavoratori, possiedono un’intelligenza vivace e la sensibilità nel capire che la compensazione sta venendo meno.

Gli indiziati, per riconoscere il disturbo, non sono i voti bassi ma le relazioni: come ci si rapporta agli insegnanti, ai pari e all’autorità

Quali sono gli indicatori?

Le persone adulte con ADHD dimostrano spesso una certa abilità nel risolvere problemi e, in generale, non hanno difficoltà da un punto di vista cognitivo.

I sintomi del disturbo si concentrano principalmente sulla disorganizzazione tipica e sul cosiddetto “blocco dello studente”.

Uno dei segnali più evidenti, infatti, è spesso l’incapacità di trovare la motivazione iniziale, con una conseguente difficoltà a mettere in atto strategie utili a superare le difficoltà e i momenti critici.

Come avviene il passaggio dall’infanzia all’età adulta?

Il passaggio verso l’età adulta, se così possiamo definire il compimento dei 18 anni, è purtroppo drammatico. Non c’è accompagnamento: i servizi non si parlano, non condividono.

Spesso, quando un paziente diventa maggiorenne smette di essere seguito dai centri dedicati a bambini e ragazzi senza essere riorientato verso i centri psichiatrici per adulti. In molti casi si tratta di giovani che sono in terapia da diversi anni e che finiscono per trovarsi in una sorta di terra di nessuno, con tutto ciò che questo comporta in termini di benessere psicofisico.

Solo la metà dei pazienti diventati maggiorenni che necessita ancora di terapia arriva effettivamente in un servizio psichiatrico e non prima dei due anni.

APPROFONDIMENTI – Leggi qui l’intervista completa al Prof. Maurizio Bonati, responsabile del Dipartimento di Salute Pubblica e del Laboratorio per la Salute Materno Infantile dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano e membro del Comitato Scientifico del Centro Psicodiagnostico Italiano e alla dott.ssa Francesca Scarpellini, psicologa clinica e fondatrice del Centro Psicodiagnostico Italiano.

Il Centro Psicodiagnostico Italiano partecipa al progetto di ricerca finalizzata “Transition care between adolescent and adult services for young people with chronic health needs in Italy” promosso dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS.