Cerchiamo le ragioni

Il Centro Psicodiagnostico Italiano (CPI) nasce nel periodo successivo alla “era COVID” e si sviluppa proprio a partire sia dalle ferite psicologiche che il periodo pandemico ha lasciato nella salute mentale delle persone, in particolare dei giovani adulti, sia nella presa di consapevolezza di molti bisogni psichici che erano esistenti e che questa situazione straordinaria ha evidenziato.

 

Sempre più spesso i vari mezzi di comunicazione e informazione di massa danno notizia delle difficoltà che i giovani adulti riscontrano e a cui devono far fronte nella vita quotidiana. Il ritiro sociale, l’autolesionismo, il blocco universitario sono solo alcuni degli strascichi dell’isolamento sociale (obbligato dal lockdown, ma spesso antecedente e autoimposto) che non hanno trovato cura se non cercando di abbattere in modo impositivo le proprie relazioni sociali (sia per numero che tipo), l’autostima e l’immagine di sé.

 

In questo scenario post pandemico, chi ne risente di più sono i giovani con disturbi del neurosviluppo, ossia quei giovani che già prima degli interventi messi in atto per limitare la pandemia convivevano da tempo con condizioni psicologiche di fragilità, come per esempio autismo, disabilità intellettiva o deficit di attenzione (ADHD). Queste condizioni chiamate “neurodivergenze” sono sempre più presenti e si esprimono attraverso un utilizzo eccessivo dei social media e dei videogiochi, causando gravi esiti, con la comparsa o l’aggravamento di disturbi associati, per esempio, ADHD e autismo. La ricerca formale e di qualità, a livello nazionale e locale, è ancora carente nell’indicare i bisogni e i nodi che limitano i percorsi di diagnosi e cura, tuttavia la pratica della/nella quotidianità indica che troppo spesso l’accesso ai Servizi preposti, sia per i minori che i giovani adulti, sono preclusi o enormemente ritardati per la diagnosi e la presa in carico per la cura, così il passaggio o “accompagnamento” tra i Servizi al compimento della maggiore età.

 

In tale contesto, l’obiettivo principale del CPI è quello di individuare precocemente i segnali di disagio giovanile, prevenirne l’insorgenza e trattare le sintomatologie manifeste. Tutto questo direttamente o “accompagnando” il paziente a ricevere la cura più appropriata. Lo stress prolungato causa danni psicologici ed esacerba condizioni preesistenti, come ansia e depressione, sfociando talvolta anche nel rischio suicidario.

 

Le molte iniziative messe in atto per garantire la salute mentale dei singoli e delle/nelle comunità, sia in termini di cura e ancor più e prima in termini di prevenzione, mostrano spesso i limiti di efficienza.

 

La prevenzione, intesa come identificazione precoce dei disturbi che come interventi che possano limitarne la comparsa o gravità, risulta essere il modo più efficace per garantire il benessere, anche psicologico e mentale, di tutti. Lo screening delle sintomatologie manifeste, la cura di quelle patologiche e il monitoraggio degli esiti dell’intero percorso di cura sono le dimensioni che il CPI vuole garantire anche in termini di assistenziale. Con questo approccio sarà possibile valutare i risultati degli interventi e modificarli per migliorarli nel tempo. Inoltre, l’analisi formale e appropriata dei risultati dell’attività potrà consentire anche una documentazione scientifica valida.

 

I risvolti sociali sono innumerevoli, garantire la salute mentale della persona ha ricadute positive a cascata sul benessere individuale, relazionale e sociale, in un’ottica sistemica, in cui l’individuo è al centro di molti contesti e dove ad ogni azione dello stesso corrisponde una conseguenza nella rete relazionale generando quindi benessere.

 

Presso il CPI, la diagnosi non è intesa come un’etichetta che si assegna al paziente, uno stigma della condizione di malessere del soggetto, ma come definizione della difficoltà che la persona vive in quel momento della vita. Possono manifestarsi contemporaneamente più sintomatologie, riconducibili a disturbi psicologici differenti che possono essere presenti contemporaneamente al momento della diagnosi o comparire successivamente che prendono il nome di comorbidità, spesso non adeguatamente e tempestivamente individuate e che l’attività del CPI vorrà invece affrontare in modo appropriato.

 

Un punto di forza del CPI è la visita in presenza, in particolare in un momento in cui il ricorso alle risorse tecnologiche per garantire anche diagnosi e terapia psicologica vengono incentivate.

Approcci che in mancanza di valutazioni formali di efficacia rischiano aumentate e ingiustificate distanze. Per contrastare l’indebolimento dei rapporti umani, il ritiro sociale e la distanza fisica che anche la pandemia ha prodotto, presso il CPI è attivamente offerta e promossa la presenza della persona in visita. Ciò non toglie la possibilità di effettuare le visite a distanza come ripiego. Per contrastare la distanza interpersonale, obiettivo del CPI sarà anche quello di informare e coinvolgere nel percorso di diagnosi e cura vari e potenziali professionisti coinvolti nel percorso di cura o della Persona in carico così da sostenere e promuovere una rete multi esperienziale della relazione di cura.

 

Vogliamo mettere la Persona al centro dell’attenzione e dell’attività, sua e della Sua rete sociale, sostenendola sulla strada della Sua felicità, perchè solo persone libere e felici possono costruire mondi felici.