Il tuo malessere ha un nome e una soluzione. E’ con questo messaggio che Il Centro Psicodiagnostico Italiano da il via alla sua prima campagna di comunicazione multi-canale che vede coinvolte da oggi, su Milano, le principali fermate di tram e autobus della città supportate da una campagna di comunicazione online.

DA UN MODO A UN METODO: CONOSCERE LA PATOLOGIA PER SCEGLIERE LA TERAPIA E LO PSICOLOGO PIU ADATTO ALLE PROPRIE ESIGENZE.

Andreste mai da un cardiologo per curare una gamba rotta? E allora perché andare da uno psicologo qualunque, senza prima conoscere la patologia di cui si è affetti?
Negli ultimi anni, si è osservato un maggior interesse generale per la salute mentale, con una presa di coscienza universale sull’importanza del benessere psicofisico della Persona. Tuttavia, l’unica novità introdotta recentemente in ambito psicologico riguarda più che altro la modalità di erogazione del servizio che sempre più spesso avviene tramite un consulto online.

Ed è proprio per proporre un cambio di prospettiva che Il Centro Psicodiagnostico Italiano (CPI) ha scelto come punto di forza un metodo ben preciso che parte dall’inquadrare sin da subito il bisogno del paziente.

Con centinaia di pazienti presenti su tutto il territorio nazionale e un team di 28 psicologi esperti, il CPI parte da un percorso di diagnosi – in psicologia chiamata “psicodiagnosi” – prima di intraprendere un percorso di psicoterapia. Un metodo che analizza il bisogno del paziente dà un nome alla sofferenza indagando i motivi per cui una persona sta male, per poi orientarla al meglio verso il giusto percorso terapeutico. Ciò significa dare un approccio medico alla psicologia partendo da quello che in medicina è, appunto, la diagnosi.

Questo cambio di rotta nasce a partire da una crescita esponenziale dell’utilizzo dello psicologo online che su alcune piattaforme ha come prerogativa proprio quella di essere considerato come un “amico”, avvicinandosi così alle esigenze di una società sempre più attenta alla salute mentale sebbene lo stigma sul tema sussista ancora. Tuttavia, questa modalità rischia solo di allungare i tempi di ricezione di una diagnosi corretta e puntuale.

Partendo dalla diagnosi per arrivare al trattamento, il metodo CPI riduce tempo e denaro speso nell’affrontare una terapia, perché indaga a monte la patologia di cui si soffre e consente di indirizzare lapersona verso il giusto specialista. Dopo una diagnosi strutturata in quattro incontri, attraverso un anamnesi che coinvolge talvolta amici e famigliari e una fase di test specifica seguita da un’indagine di comorbidità, lo psicologo del CPI fornisce al paziente il documento diagnostico e l’impostazione del percorso di terapia.

Un’altra cifra che caratterizza l’innovazione del CPI è l’attenzione alle neurodivergenze in età adulta con particolare attenzione verso il disturbo dell’attenzione e iperattività (ADHD), l’autismo ad alto funzionamento e la plusdotazione. Non è casuale il focus su cui il Centro ha voluto specializzarsi. Infatti, negli ultimi anni il paradigma della salute mentale è cambiato, o meglio, si è rovesciato. Se prima chi soffriva di disturbi mentali presentava dei deficit, ad oggi soffre chi presenta dei plus. Si tratta di persone estremamente sensibili, intelligenti, interessate a tante cose, ipersensibili alle critiche e ipercritici con sé stessi.

Difficoltà identitarie e di genere, scarse competenze sociali, disregolazione emotiva, problemi alimentari e over thinking sono le principali conseguenze di essere “troppo”. Una popolazione che spesso si sente estranea, diversa, incompresa e che spesso corrisponde al target dei giovani adulti. Anche la scelta delle sedi del CPI – Milano, Verona, Trento, Trieste, Bologna, Perugia, Roma, Napoli – non è stata casuale. Qui, il CPI ha individuato città universitarie, talvolta sprovviste di servizi piscologici adeguati, per andare incontro alle esigenze dei giovani adulti ma anche di studenti stranieri, che si rivolgono al Centro per proseguire la terapia iniziata nel loro paese di origine.

“Oggi abbiamo una popolazione di 20-35enni che costituiranno o iniziano a costituire la classe dirigente del nostro Paese, affetti da neurodivergenze sorte certamente in età infantile, quando purtroppo non era ancora così comune diagnosticare e trattare, e che oggi trovano grande difficoltà ad affrontare la vita e il lavoro. Diventa quindi necessario prestare attenzione a tutti i giovani adulti che non sono stati diagnosticati in infanzia per negligenza o per buona compensazione della persona stessa, e che giunti in età adulta conducono una vita piena di difficoltà in una società di tipo prestazionale, che li spinge verso obiettivi irrealistici con conseguenze più traumatiche” – dichiara Francesca Scarpellini, fondatrice e psicodiagnosta del Centro Psicodiagnostico Italiano.